Le Linee Guida arrivano in un momento propizio per i consumi fuori casa. Nonostante l’inflazione e l’incertezza del contesto internazionale, il comparto ha registrato un +7% a valore nel 2023, per un totale di 92 miliardi di euro spesi in consumi alimentari fuori casa. La Ristorazione è dunque tornata sopra i livelli pre-Covid (+3,9%), una crescita che fa da traino anche all’occupazione del settore, tornata anch’essa, finalmente, al di sopra dei livelli pre-pandemici: oggi si contano oltre 1 milione di lavoratori dipendenti.

 

Anche per i 55 formaggi a denominazione DOP e IGP italiani, il periodo pare essere favorevole. Secondo AFIDOP, a fronte di 590mila tonnellate prodotte nel 2023 (+2,7% rispetto all’anno precedente), la filiera registra un fatturato alla produzione che va ormai ben oltre i 5 miliardi di euro, pari a quasi un terzo del valore totale alla produzione dei prodotti lattiero-caseari italiani. Corre anche l’export: DOP-IGP rappresentano ormai stabilmente quasi il 60% del fatturato export dei formaggi nazionali, per un valore stimato che sfiora i 3 miliardi di euro (+11%) e una crescita a volume di oltre il 4% a livello mondo. A trainare il buon andamento delle esportazioni sono soprattutto Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano in alcuni dei più importanti mercati extraeuropei come Stati Uniti e Giappone.

 

Anche il 2024 si è aperto con dati in crescita: a gennaio sono soprattutto Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+25% in volume) a fare da traino; bene anche il Gorgonzola (+7%), il Pecorino Romano (+4%) e i duri DOP grattugiati (+16%).

Il comparto dà oggi lavoro a circa 24.600 persone.

A guardare questi numeri, la sinergia tra i due settori appare quanto mai fruttuosa, tanto più che entrambi si trovano a combattere da anni una delle battaglie più subdole che il made in Italy possa sperimentare: quella per contrastare lItalian sounding, la pratica di imitare prodotti agroalimentari italiani a fini di commercializzazione fraudolenta, mediante l’utilizzo di nomi, immagini, combinazioni cromatiche (come il tricolore) che evocano inequivocabilmente l’orizzonte italiano, nel tentativo di sfruttare l’appeal dell’agroalimentare di casa nostra. Il giro d’affari che deriva dall’Italian sounding, purtroppo per il nostro Paese, è, secondo l’ultimo rapporto ISMEA-MASAF, superiore ai 90 miliardi. Quasi il doppio rispetto all’export di prodotti agroalimentari italiani autentici, che il rapporto stima in 58 miliardi.

L’Italian sounding è un fenomeno che si allarga a macchia d’olio, andando sempre più a comprendere anche locali come bar, ristoranti e pasticcerie. Offrono servizi che sono del tutto simili a quelli degli originali locali italiani e si spingono persino oltre, mettendo in atto veri e propri plagi. Ristoranti e pasticcerie che hanno lo stesso layout di quelli presenti nelle metropoli del nostro      Paese, gli stessi loghi, la stessa offerta. Almeno sulla carta. In realtà i menù di questi pseudo “Italian restaurant” non hanno nulla a che vedere con quelli che pretendono di imitare, senza conoscerne la qualità. Una vera e propria contraffazione della cucina italiana, secondo un’indagine del Centro Studi Fipe del 2021 rivolta ai ristoranti certificati italiani all’estero, da cui è emerso che nei loro Paesi il 94% rileva nei competitor non certificati contraffazione dei prodotti, l’89% vede contraffazione nelle ricette, non conformi a quelle autentiche, mentre il 60% trova ristoranti falsi italiani e il 43% ha dubbi sull’origine dei prodotti. Secondo le stime FIPE, nel mondo esistono circa 600mila ristoranti che si autodefiniscono italiani. Di questi soltanto 2.218 lo sono davvero.